Selinunte, il parco archeologico più grande d’Europa

Situata su di una spianata alta circa 30 metri s.l.m., Selinunte prende il nome dal Selinon, il prezzemolo selvatico. Il parco archeologico di Selinunte, il più grande d’Europa, è costituito dall’ Acropoli, dalla Collina orientale, dal pianoro di Contrada Manuzza, dal santuario della Malophoros in contrada Gaggera e da due Necropoli (Manicalunga e Galera Bagliazzo).

La storia di Selinunte in breve

A partire dalla metà del secolo VIII a.C., un vasto movimento migratorio di popolazioni greche interessò la Sicilia e le regioni meridionali dell’Italia e così nacque anche Selinunte.

Il contrasto tra colonie greche e colonie puniche

Le colonie greche spesso si trovarono in contrasto di interessi con le colonie fenicio-puniche fino allo scontro armato. Lo scontro fra Greci e Cartaginesi in Sicilia costituirà il motivo dominante, per alcuni secoli, della storia siciliana e che perdurerà con alterne vicende fino all’intervento dei Romani in Sicilia nella prima guerra punica.

Selinunte aveva appoggiato i tentativi greci di espandere le proprie colonie nella parte occidentale dell’isola occupata dai Fenici. Ma stranamente quando, all’inizio del V secolo divampò la guerra fra Greci di Sicilia e i Cartaginesi, che si concluse con la battaglia di Himera nel 480, Selinunte preferì allearsi con Cartagine. Probabilmente il motivo di questa alleanza era economico, perché Selinunte aveva un fiorente commercio con Cartagine.

Il contrasto tra Selinunte e Segesta

Selinunte cercava anche di intensificare i suoi commerci. Desiderava un porto di appoggio sul Tirreno e per questo costruì una base commerciale nel Golfo di Castellammare, nel territorio di Segesta. Nel 413 a.C. l’ennesimo tentativo di Selinunte di invadere territori segestiani scatenò una guerra che coinvolse le grandi potenze del tempo. Infatti Segesta chiese aiuto ad Atene, e ricevette l’aiuto di Cartagine, tradizionale alleata delle città elime-puniche della Sicilia.

Selinunte chiese aiuto a Siracusa, Agrigento e Gela. Selinunte non voleva saperne di sottostare agli accordi proposti.

Il massacro dei selinuntini

L’esercito Cartaginese allora, guidati da Annibale (non quello che combatté i Romani!) sbarcarono a Lilibeo e da lì marciarono verso Selinunte. I Cartaginesi piombarono sulla città di Selinunte attaccandola da due lati. Gli aiuti tardarono ad arrivare e Selinunte resistette coraggiosamente all’assedio per nove giorni. Infine i soldati di Annibale entrarono nella città, massacrando la popolazione. Annibale risparmiò soltanto le donne e i bambini che si erano rifugiati nei templi.

Il dominio dei Punici e la fine della citta’

Selinunte così si trovò sottomessa al dominio dei Punici che la fortificarono e la ricostruirono, nell’area dove prima sorgeva l’acropoli.

Per questo motivo i resti archeologici rinvenuti presentano un abitato misto, punico e greco.

Il dominio cartaginese, durò fino alla I guerra punica. Cartagine, per difendersi dagli attacchi romani, decise di concentrare le sue forze a Lylibeo, trasferendovi la popolazione di Selinunte, distruggendone la città ed abbandonandola alla rovina.

Un violento terremoto, nel secolo X o XI, finì forse per ridurre ad un cumulo di rovine i monumenti dell’antica città. La riscoperta della città si deve allo storico Tommaso Fazello, nella seconda metà del XVI secolo.

Il parco archeologico di Selinunte

E’ il parco archeologico più grande d’Europa. Gli ingressi al parco archeologico sono due. Uno dal lato est dalla parte di Marinella di Selinunte e uno dal lato ovest dalla parte di Triscina.

L’Acropoli

L’Acropoli è un altopiano calcareo che a sud è a strapiombo sul mare. Presso l’ingresso all’acropoli vi è la Torre di Polluce costruita nel XVI secolo, per difendersi dai corsari, sui resti di una torre o faro antico.

Nell’acropoli troviamo in ordine di vicinanza al mare i templi A e O, di cui rimangono pochi resti, dedicati a Castore e Polluce.

Il Tempio B, detto tempietto di Empedocle, di epoca ellenistica, quando Selinunte era già in mano punica. Nel 1824 Hittorf, scopritore e primo illustratore dell’edificio, suppose che il tempio fosse dedicato dai Selinuntini al filosofo agrigentino che, avendo dragato le acque stagnanti di uno dei fiumi della città, pose fine alle pestilenziali esalazioni causa di ricorrenti epidemie.

Il tempio C, dedicato ad Apollo, che è il più antico. Questo tempio era distrutto ma nel 1929 quattordici colonne del lato nord sono state rimesse in piedi, alcune con capitelli e trabeazione, a formare un colonnato.

Selinunte fu l’unica città greca di Sicilia che adornò i propri templi con bassorilievi e sculture in pietra, le famose metope. Le tre metope del tempio C ritrovate sono custodite nel Museo Archeologico di Palermo.

Dedicato ad Atena è il Tempio D. Infine il tempio delle piccole metope, detto tempio Y a cui appartengono sei piccole metope custodite nel museo di Palermo.

La collina orientale

Sulla collina orientale troviamo il tempio E, dedicato a Hera. Si tratta del tempio meglio conservato di Selinunte, anche se il suo attuale aspetto si deve alla ricostruzione effettuata nel 1959. Per i caratteri di ordine, armonia, proporzione, simmetria, è classificato come uno dei migliori esempi di architettura dorica in Sicilia.

Il tempio F, il più arcaico, dedicato forse a Dionisio. Il tempio G, dedicato a Zeus, è il più grande e uno dei maggiori del mondo greco. Presenta diversi stili ma purtroppo è completamente in rovina. Venne ricostruita solo una delle colonne, che si erge sola sulle rovine, denominata “fuso della vecchia”.

Selinunte fu l’unica città greca di Sicilia che adornò i propri templi con bassorilievi e sculture in pietra, le famose metope. Le tre metope ritrovate sono custodite nel Museo Archeologico di Palermo.

Santuario a Demetra Malophoros

A ovest dell’acropoli troviamo la fonte della Gaggera e i resti del santuario forse dedicato a Demetra. Nel santuario sono state ritrovate circa 12.000 figurine votive in terracotta di varie epoche e tutte raffiguranti una divinità femminile.

Altri oggetti rinvenuti sono vasi corinzi e protocorinzi, stele, un bassorilievo raffigurante Plutone che rapisce Persefone e numerose lucerne di epoca costantiniana, a testimonianza di un insediamento cristiano sulle rovine del Santuario.

La Selinunte al tempo dei Punici

Divinità e culti religiosi della Selinunte punica (409-250a.C.), tra la prima e la seconda distruzione della città, sono testimoniati da quattro aree sacre.

Tre sono state messe in luce in altrettanti quartieri dell’Acropoli, mentre la quarta area sacra punica si può considerare il recinto consacrato a Zeus Melikhios.

Poco a nord del santuario di Demetra Malophoros, in un peribolo quadrato di 17 m. per lato, è il temenos consacrato a Zeus Meilichios, che significa ¨dolce come il miele¨.

A pochi metri a nord dalla fonte della Gaggera sono le vestigia del cosiddetto tempio M di cui si conservano solamente i blocchi di fondazione.

L’agora’

A nord dell’acropoli, sulla collina di Manuzza, la strada moderna traccia il confine di un’area di forma grossomodo trapezoidale in cui si presume si dovessero trovare anche l’agorà e l’abitato.

Le mura della città di selinunte

Le mura di fortificazioni originarie della città di Selinunte erano state distrutte. Quelle esistenti oggi risalgono al tempo della ristrutturazione della zona dell’acropoli, con materiali provenienti dalla città distrutta nel 409 a.C.. La ricostruzione fu opera di Empedocle e dei popoli che successivamente occuparono Selinunte.

Anche gli edifici, di cui rimasero solo rovine all’esterno del loro tracciato, erano stati rasi al suolo. Le nuove mura sono costituite da grossi blocchi squadrati di tufo provenienti dalle monumentali case residenziali, posti uno sull’altro per un ‘altezza di circa 10 metri. Si usarono anche centinaia di elementi poco appropriati come colonne, capitelli, trabeazioni o cornicioni di età arcaica e classica.

Museo Civico di Castelvetrano

Le sculture trovate negli scavi di Selinunte si trovano soprattutto nel Museo Nazionale Archeologico di Palermo.

Fa eccezione l’opera più famosa, l’Efebo di Selinunte che si trova nel Museo Civico di Castelvetrano.

La statuetta è stata ritrovata nel 1882 nella necropoli di contrada Galera. Restaurata la prima volta nel 1929, venne trafugata dal Municipio di Castelvetrano ed avventurosamente recuperata dopo alcuni anni, e quindi affidata per un secondo restauro all’Istituto Centrale del Restauro.

Nel Museo di Castelvetrano, oltre all’Efebo, si possono ammirare una bella collezione di ceramica attica e corinzia, un mirabile cratere a figure rosse, una collezione di monete e una statua mormorea chiamata Virgin, opera di Francesco Laurana.

Il nuovo Museo Baglio Florio

All’interno del parco è stato inaugurato il Museo “Baglio Florio”. Espone alcune centinaia di ritrovamenti che coprono un secolo, dai primi anni deI Novecento agli ultimi scavi del 2015. Molti dei ritrovamenti provengono dall’area Gaggera e dalla necropoli orientale di Selinunte.

Una mostra del 2017 esibiva anche la “Legge sacra selinuntina”, una lastra di piombo risalente alla metà del V secolo A.C.. Si trattava di un testo sacro, in cui si davano delle prescrizioni per alcuni riti da effettuarsi per cancellare la contaminazione causata da un delitto, una specie di rito di purificazione che comprendeva però alcuni sacrifici di animali.

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